La sordità infantile

La sordità è la 2^ causa di disabilità (per frequenza) e rappresenta  un problema di notevole rilevanza sul piano sanitario e sociale, in quanto l’udito è essenziale per la comunicazione verbale.

Oggi, a differenza di soli 30 anni fa, esistono mezzi per evitarne le conseguenze più gravi, come il ritardo del linguaggio, la difficoltà di apprendimento, i disturbi cognitivi, comportamentali e di inserimento sociale.

Come descritto dalle ultime Linee Guida (Joint Committee on Infant Hearing, American Academy of Pediatrics, 2015) è fondamentale una diagnosi precoce, precisa ed affidabile.

In molti ospedali con “punti nascita” è disponibile uno screening uditivo neonatale universale, che permette di individuare nei primi giorni di vita i bambini con sospetta sordità, e di attivare subito un protocollo di intervento.

       

Lo screening viene effettuato quando il neonato è ancora nel punto nascita (entro le 72 ore di vita), attraverso l’uso di misure oggettive:

  • Le emissioni otoacustiche (TEOAE), ovvero la registrazione della riposta della coclea ai suoni;
  • I potenziali evocati acustici (aABR), ovvero la risposta del sistema nervoso centrale ad uno stimolo acustico.

Tutti i neonati che NON passano il test, sono sottoposti ad un re-test entro 3 settimane.

Se viene confermato il sospetto, il bambino viene avviato alla diagnosi audiologica presso un Centro di 3° Livello specializzato in sordità infantile, dove vengono effettuati:

  • Esami strumentali
  • Esame audiometrici comportamentali condizionati
  • Valutazione logopedica
  • Inquadramento genetico
  • Counselling psicologico
  • Esami diagnostici per immagini (TAC e/o Risonanza Magnetica)

Che consentono di confermare o meno la diagnosi di sordità.

Successivamente alla conferma diagnostica, vi è un preciso iter da seguire:

  • Entro 3-4 mesi di vita devono essere prescritte e applicate protesi acustiche di potenza, che vengono regolate in modo personalizzato, sulla base di numerose osservazioni audiologiche e logopediche;

  • Nello stesso periodo si deve iniziare la terapia logopedica;
  • Nel frattempo vengono effettuati approfondimenti diagnostici per capire la causa della sordità (indagini genetiche, TAC dell’orecchio, Risonanza Magnetica della testa).

La terapia logopedica richiede un impegno della famiglia, che dovrà portare il bimbo con frequenza monosettimanale.

Inizialmente, la logopedista si occuperà di valutare le risposte uditive del bambino e di guidare la famiglia, ascoltando dubbi e domande e fornendo importanti e semplici strategie per gestire praticamente le protesi e per osservare e stimolare il bambino dal punto di vista uditivo e comunicativo.

Il genitore partecipa infatti in prima persona alle attività, per poterle poi riproporre a casa: il ruolo fondamentale nell’evoluzione del bambino spetta ai genitori che vivono con lui, mettendo in atto strategie di stimolazione durante le attività della vita quotidiana.

E’ probabile che con la protesizzazione non si evidenzino comunque cambiamenti visibili nel comportamento, anche uditivo, del bambino. Prima di manifestare reazioni uditive, il bambino deve imparare a prestare attenzione e analizzare le sensazioni sonore. In questo periodo la logopedista aiuterà i genitori a valutare se le protesi acustiche siano sufficienti a permettere questo sviluppo.

Se con le protesi acustiche non si evidenziano benefici, intorno al 1° anno di età del bambino deve essere applicato chirurgicamente l’impianto cocleare.

E’ comunque importante che in questo periodo il bambino indossi sempre le protesi acustiche, per stimolare le vie uditive.

Anche a seguito dell’applicazione dell’impianto cocleare, il bimbo e la famiglia dovranno proseguire la terapia logopedica, per stimolare il bambino a familiarizzare con il nuovo mondo dei suoni, ascoltando, comunicando e parlando.

E’ impossibile stabilire a priori la durata dell’intero percorso: ogni bimbo progredisce diversamente nell’ascolto, nel riconoscimento dei suoni e, soprattutto, nella comprensione del linguaggio, che è l’obiettivo finale. Lo sviluppo del linguaggio verbale al pari dei coetanei udenti, è poi la normale, fisiologica conseguenza della ripristinata capacità di percezione uditiva.

Nei bimbi correttamente riabilitati con protesi acustiche o impianti cocleari, l’apprendimento della lingua italiana dei segni (LIS), spesso propagandato in televisione come unica modalità comunicativa dei sordi, non è assolutamente necessaria. Al contrario, va sempre sostenuto e incoraggiato l’utilizzo del linguaggio verbale come principale modalità comunicativa.